Gli Autori riportano la loro esperienza nell’utilizzo di osso omologo di banca e di osso eterologo animale (Osteoplant, Bioteck) in traumatologia, in cui è spesso necessario colmare perdite di sostanza ossea. Vengono illustrate le caratteristiche del materiale, in particolare, in quanto meno conosciuto ed utilizzato dell’osso eterologo di derivazione equina e suina.
Le perdite di sostanza ossea rappresentano, in ambito traumatologico, un problema sia di tipo biologico che meccanico: è impossibile realizzare un’osteosintesi stabile, in presenza di un deficit osseo segmentario che non consente la riduzione anatomica della frattura e una buona validità mecanica dell’impianto. L’osteointegrazione autoplastica rappresenta, da sempre, il gold standard, ma sono ben noti i limiti in termini di quantità prelevabili, morbilità, allungamento dei tempi chirurgici: l’osteointegrazione omeoplastica (osso di banca da vivente, le teste femorali, ovvero da cadavere) implica l’esistenza sul territorio di una banca dei tessuti, la necessità di una programmazione chirurgica non sempre possibile, procedure burocratico-amministrative, costi aggiuntivi. L’osteintegrazione eterologa, vale a dire l’utilizzo di osso animale opportunamente trattato, può rappresentare una valida alternativa in termini di quantità, pronta disponibilità, affidabilità e costo.
Nell’ambito della chirurgia traumatologica di determinati segmenti scheletrici è fondamentale pianificare la scelta del mezzo di sintesi e stabilire l’opportunità di effettuare innesti ossei adeguati, potendo essere a questi associati fattori di crescita sia da gel piastrinico che da proteine morfogenetiche ricombinanti di sintesi.
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